Hetty_Hillesum_a_Venezia

29 marzo – 29 aprile 2014
Palazzo Albrizzi, Venezia

ETTY HILLESUM. MAESTRA DI VITA

Una mostra a cura di Pier Giorgio Carizzoni
Con il Patrocinio e il contributo dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi a Roma e Consolato Generale dei Paesi Bassi a Milano
Promossa da ACIT Venezia

Associazione Culturale Italo-Tedesca onlus
Palazzo Albrizzi
Cannaregio 4118
Tel. 041 523 25 44
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A.C.T.V.: fermata Ca’ D’Oro

Associazione Culturale Dioniso
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20123 Milano
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ass.dioniso@gmail.com

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BIOGRAFIA essenziale

Etty (Esther) Hillesum, nata a Middelburg il 15 gennaio 1914, è la primogenita di Levie (Louis), insegnante liceale di lingue classiche e quindi preside, e di Rebecca (Riva) Bernstein, entrambi ebrei, lui olandese, lei di origini russe.
Nel 1916 nasce il fratello Jacob (Jaap) e nel 1920 Michael (Mischa): il primo sceglierà  la facoltà  di medicina, il secondo si rivelerà  un pianista eccezionalmente dotato; nel corso degli anni, suscitando viva preoccupazione nei famigliari, i due fratelli palesano una fragilità  psicologica che li conduce a periodici ricoveri in ospedali psichiatrici.
Etty Hillesum trascorre l’adolescenza a Deventer, dove frequenta il locale ginnasio, ma dal 1932 si trasferisce a Amsterdam per studiare giurisprudenza, laureandosi in Diritto olandese nell’estate del 1939. Negli anni dell’università  studia con passione lingua e letteratura russa, impartisce lezioni private, legge e ammira Rilke e Dostojevskij.
Nel febbraio 1941 conosce Julius Spier (nato a Francoforte sul Meno nel 1887, morto a Amsterdam nel 1942), pioniere della psico-chirologia, già  allievo di Carl G. Jung a Zurigo: un incontro decisivo e foriero di grandi trasformazioni nella vita di lei.
Dal marzo 1941 Etty dà  avvio al suo Diario e a una affettuosa corrispondenza con Spier, di cui diviene presto segretaria e amante. I Diari hanno una funzione terapeutica per Etty, consentendole di mettere alla prova il suo innegabile talento di scrittrice, ambizione mai sopita e da lei prefigurata quale stabile professione da esercitare dopo la guerra.
Nel 1942 lavora come dattilografa presso una sezione del Consiglio Ebraico, l’organismo di rappresentanza presso le autorità  tedesche; in luglio, nella fase più sconvolgente delle misure anti-ebraiche, su sua richiesta è trasferita al campo di transito di Westerbork, nel ruolo di assistente sociale. In questo periodo l’offerta di nascondigli sicuri avanzata da amici e conoscenti apre a Etty la possibilità  di salvarsi dalla repressione nazista che sta sterminando la comunità  ebraica olandese: lei rifiuta sdegnosamente tale prospettiva, sostenendo di voler “condividere il destino del suo popolo”. Dopo una lunga indisposizione che la costringe a curarsi nella sua casa di Amsterdam, nel giugno del 1943 torna a Westerbork con la ferma convinzione di riprendere il lavoro di sostegno alla sempre più numerosa e disagiata comunità  ivi internata. Il mese successivo gli impiegati del Consiglio Ebraico perdono ogni protezione o privilegio ed Etty si ricongiunge con i famigliari, che nel frattempo sono stati mandati anch’essi nel campo di Westerbork.
A seguito di un’improvvida missiva scritta dalla madre di Etty e destinata al comandante delle SS Rauter, nella quale si auspica un trattamento di favore nei riguardi degli Hillesum, il 7 settembre 1943 tutta la famiglia, tranne Jaap, è fatta salire sui vagoni che la condurranno al campo di sterminio di Auschwitz. Mentre i genitori muoiono poco dopo l’arrivo, il decesso di Etty è registrato dalla Croce Rossa il 30 novembre 1943, quello del fratello Mischa nel marzo del 1944. Jaap, l’altro fratello, dopo l’internamento nel campo di Bergen-Belsen, perde la vita a Lubben, nell’aprile 1945, durante il viaggio di ritorno in Olanda.

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I DIARI DI ETTY HILLESUM

Il Diario di Etty Hillesum, nell’ultima annotazione, del 13 ottobre 1942, recita: “Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite. Bisogna sapere accettare le proprie pause”.

Prima di partire definitivamente per il campo di Westerbork, Etty diede in custodia alla sua amica e coinquilina Maria Tuinzing i quaderni dei Diari che conservava ad Amsterdam, pregandola di consegnarli al termine della guerra allo scrittore e amico Klaas Smelik, nel caso in cui lei non fosse tornata. Etty lo aveva conosciuto a metà  degli anni Trenta e sperava che egli, attraverso le sue relazioni con alcuni editori, fosse in grado di trovare una via per la loro pubblicazione.
Quando, a guerra conclusa, si seppe che Etty Hillesum era stata assassinata ad Auschwitz, Maria Tuinzing si mise in contatto con Klaas Smelik e gli consegnò i quaderni dei Diari, nonché le Lettere. La figlia maggiore di Smelik, Johanna (nei diari chiamata Jopie) dattiloscrisse una parte dei diari e delle lettere, poiché la scrittura di Etty era difficilmente decifrabile.

Alla fine degli anni Cinquanta, e poi a metà  degli anni Sessanta, Klaas Smelik si mise in contatto con vari editori che si rifiutarono di pubblicare i Diari: erano considerati troppo “filosofici”.
Nel 1979 l’editore J.G. Gaarlandt decise di pubblicare un’antologia tratta dai Diari e alcune Lettere. L’antologia, intitolata Het verstoorde leven [La vita interrotta], fu presentata alla stampa e agli amici sopravvissuti di Etty Hillesum il 1° ottobre 1981 nella capitale olandese. La Fondazione “Etty Hillesum”, costituitasi di lì a poco, affidò a Smelik la direzione della cura redazionale dell’opera completa di Hillesum. Da allora, dei Diari sono state pubblicate traduzioni in versione integrale o parziale in Gran Bretagna, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Spagna, Canada, Stati Uniti, Brasile, Israele, Giappone.

INTRODUZIONE ALLA MOSTRA

La vita e la morte di Etty Hillesum sono l’emblema del percorso di una donna che al di là  di tutti i fili spinati, interiori ed esteriori, ha saputo “pensare con il cuore”. I suoi diari, che coprono un arco di tempo piuttosto limitato (dal marzo 1941 all’ottobre 1942) testimoniano una maturità  e una saggezza fuori del comune: l’autrice si rivolge a noi con parole di verità , indicando un cammino coraggioso volto a superare le difficoltà  più aspre dell’esistenza. La giovane ebrea olandese, grazie a un’intensa forza morale ispirata ai valori della solidarietà  e della reciproca comprensione, ingaggia una sfida mortale senza ricorrere a ricette miracolistiche o palliative, in nome di un indistruttibile e gioioso amore per la vita. Racconta di sé e delle vicende del suo tempo da mirabile cronista di un’anima in costante evoluzione, eroica terapeuta del dolore capace di generare attorno a sé fiducia e fede in un riscatto definitivo dal male.
I brani selezionati per la mostra mirano a scuotere il lettore/visitatore alla stregua di “colpi di martello” – secondo un’espressione adottata dalla stessa Hillesum – che minano certezze consolidate, luoghi comuni, illusioni, costringendolo a rovistare nelle viscere del proprio io alla ricerca di verità  scomode o sottaciute. Chi legge il suo diario entra empaticamente in contatto con la realtà  quotidiana di Etty Hillesum, si specchia nelle sue ansie, ne condivide paure e entusiasmi. Il suo vibrante monologo è una lezione di umiltà , tenacia, onestà  intellettuale, spregiudicatezza che tesse una trama esemplare della sua esperienza esistenziale.
Le sue considerazioni, avvolte in un campo magnetico che emana poesia e autenticità , dischiudono un orizzonte illimitato di libertà , conquistato giorno per giorno tra i disagi di un’epoca segnata dal terrore e dall’angoscia e illuminato da uno sguardo talora benevolo e
sorridente, talaltra corrucciato e pensieroso.

Il mondo bellissimo e tremendo che ha descritto, popolato di mostri sanguinari e di verdeggianti campi di grano, di amore per gli altri e di lucida disamina dei suoi contraddittori stati d’animo, ci accompagna per mano alla scoperta di noi stessi.
La sua lingua parla, oggi e domani, in tutti gli idiomi conosciuti, senza confini di razza, di cultura, di condizione.

La mostra “Etty Hillesum, maestra di vita”, inserita nel programma “Olandiamo in Veneto”, fa parte delle celebrazioni italiane per il centenario della nascita della giovane olandese, che prevedono, in varie città  italiane e per tutto il 2014, un ciclo di conferenze, un recital, una pièce teatrale, la proiezione di documentari.

Il curatore
Pier Giorgio Carizzoni

L’OLOCAUSTO IN OLANDA

Fino alla Seconda Guerra Mondiale, nei Paesi Bassi viveva una ricca e variegata comunità  ebraica. Dal Seicento in poi, l’Olanda accolse grandi gruppi di ebrei che nei Paesi d’origine erano stati soggetti a espulsioni e pogrom. Nel 1940, l’Olanda contava circa 140.000 ebrei, poco meno del 2% su un totale di 9 milioni di abitanti. Erano sefarditi discendenti da portoghesi espulsi nel ‘600, askenaziti i cui antenati erano arrivati dall’Europa Centrale, e circa 20.000 profughi provenienti dalla Germania nazista. Più della metà  degli ebrei olandesi viveva ad Amsterdam, dove il quartiere ebraico ospitava un vasto proletariato industriale. Gli altri ebrei vivevano dispersi nel Paese, dove spesso svolgevano attività  intellettuali o commerciali.
Rispetto ad altri paesi europei, gli ebrei olandesi erano ben integrati. Agli inizi degli anni ’30 quattro dei sei assessori di Amsterdam erano ebrei, come cinque dei cento parlamentari olandesi. Anche in Olanda esistevano comunque forme di antisemitismo e pregiudizi secolari. Ma non era un antisemitismo razzista, come quello ‘importato’ dal movimento nazionalsocialista olandese. Il partito nazista locale, il Nationaal Socialistische Beweging (NSB), non ottenne mai un grande seguito. Nel 1935, nel pieno della crisi economica, arrivò all’8% dei voti, per poi calare a meno di 4% nel 1939. Solo dopo l’invasione tedesca, frotte di opportunisti chiesero la tessera del NSB.
Con lo spettro vagante dell’antisemitismo e la minaccia della guerra sempre più presente, la liberale Olanda, che era rimasta fuori della Grande Guerra, poteva sembrare un rifugio sicuro per gli ebrei perseguitati. Tutto cambiò brutalmente il 10 maggio 1940, con l’invasione tedesca. Dopo cinque anni di occupazione – la resa tedesca viene firmata il 5 maggio 1945 – gli ebrei olandesi erano rimasti in poco più di 30.000. Tre quarti di loro erano stati inghiottiti dai campi di sterminio e una cultura centenaria distrutta per sempre.
La distruzione dell’ebraismo olandese è stato il risultato di un’operazione diabolica eseguita con estrema efficienza dall’occupante nazista con l’aiuto di collaborazionisti olandesi. Tra il gennaio e il settembre del 1941 vengono schedati gli ebrei di tutte le città  olandesi. Nel frattempo gli ebrei vengono espulsi dai servizi pubblici, bar, ristoranti e teatri, orchestre, scuole, parchi e trasporto pubblico. Nel gennaio 1942 gli ebrei devono mettere il timbro J (jood: ebreo) sulle loro carte d’identità , seguito a maggio dalla famigerata stella gialla. Uomini ebrei vengono portati in campi di lavoro, ebrei di provincia forzatamente traslocati ad Amsterdam e a fine giugno 1942 tutti gli ebrei ricevono l’ordine di farsi trovare in casa dalle 20 alle 6. La popolazione olandese, dopo la brutale soppressione di una rivolta popolare ad Amsterdam contro le misure antiebraiche nel febbraio del 1941, assiste per lo più impotente.
Dopo tutte queste misure – descritte puntualmente da Etty Hillesum nel suo Diario – per i nazisti, l’annientamento degli ebrei olandesi, deciso già  alla fine del 1941, fu relativamente facile. Dal luglio 1942, gli ebrei, ormai individuati e localizzati, vengono sistematicamente deportati verso il campo di Westerbork, nel Nordest dell’Olanda, e da lì verso Auschwitz e Sobibor. In poco più di un anno, fino al settembre del 1943, spariscono in centomila. Pochi cercano di nascondersi, la maggior parte non lo fa: o perché non ha scampo, o perché spera in una prossima fine della guerra o perché nell’incertezza della destinazione finale nutre una vaga speranza di riuscire a sopravvivere. “Non sappiamo nulla della loro sorte”, scrive Etty, riferendosi ai suoi compagni di Westerbork, già  partiti verso l’Est, il 24 agosto 1943. Pochi giorni dopo anche lei sarà  deportata ad Auschwitz.

(Testo di: Aart Heering, addetto stampa dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi a Roma)

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Per informazioni
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